Charlie, di Paola Carnelli

 

Charlie aveva cinque mesi quando, un anno e mezzo fa, dopo essere stato separato dalla sua famiglia felina, mi è stato ceduto, per problemi d’allergie, da quella umana che lo aveva adottato. Charlie è un persiano, una razza considerata tranquilla, capace di adattarsi anche ad ambienti piccoli come il mio bilocale.

Il cucciolo, durante la strada che da Milano l’avrebbe portato a casa, è stato sommerso da baci e coccole per placare il suo ulteriore trauma. L’orfanello, appena arrivato, ha mostrato un carattere allegro e, soprattutto, pieno d’iniziativa riarredando l’appartamento secondo il suo gusto, polverizzando mobili e tende, trapiantando ed assaggiando piante che per chiunque, eccetto lui, sarebbero state velenose. Balcone e finestre sono stati dotati di reti per evitare che si catapultasse dal quinto piano. Con queste premesse siamo arrivati all’8 marzo 2020, data in cui tutti siamo finiti blindati a far torte e pulizie in modo compulsivo, guarda caso in coincidenza con la festa della donna. Esattamente per quella data, alle reti delle finestre, si sono aggiunte le impalcature del condominio. Praticamente Alcatraz. Non osavo pensare cosa sarebbe successo. In precedenza ero riuscita a placare l’esuberanza del diabolico felino grazie all’aiuto d’Impatiens, del benedetto dottor Bach. Mentre il virus decimava gli umani si creava, in lui, una calma inaspettata. Io e mio marito ci siamo tranquillizzati solo dopo un po’ e con una certa cautela.

Dopo qualche tempo ho notato che la passione di Charlie per il balcone si concentrava sempre di più verso un grosso vaso di gelsomini, fino a farlo diventare la sua cuccia preferita. Passava ore sotto la pianta, disdegnando tutti gli angoli morbidi e piacevoli della casa. Il tentativo di rendere più confortevole il vaso coprendo la terra umida provocava le sue proteste indignate.

Le scelte dei gatti, a volte, possono apparire stravaganti, anche se spesso sono dettate da leggi precise che noi umani ignoriamo. Così ho preferito pensare, accantonando ogni preoccupazione in merito, almeno fino a quando Charlie non metterà radici e germogli.

Ho osservato, di recente, un altro fatto: il micio ha preso l’abitudine di emettere particolari miagolii a bocca aperta e vibrante. Non si tratta, in realtà, di una stranezza. Pare sia il modo in cui i gatti, attraverso l’organo di Jacobson, captino o emettano informazioni di vario tipo. La particolarità sta nel ripetersi della cosa quasi ogni mattina e, soprattutto, nel fatto che mio marito ha cominciato a rispondergli in un’imitazione piuttosto riuscita, duettando a lungo con lui in una sorta di dialetto tra il magrebino e il bergamasco. Cosa si dicano o quali informazioni si scambino non è dato sapere. Molti sono convinti che dall’esperienza di questo periodo di quarantena usciremo trasformati.

Francamente sono un po’ preoccupata.

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